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giovedì 5 giugno 2014

Sulla sovranità monetaria

Per prestare qualcosa a qualcuno e chiedere indietro i corrispettivi interessi bisogna essere i proprietari della moneta. Ecco: la banca si appropria di questo valore indotto della moneta nel momento stesso dell’emissione. In teoria però una valuta viene decisa quando viene convenzionalmente accettata, non quando viene emessa.

euro.
Partiamo dalle ultime (non) affermazioni. Anche dopo le elezioni europee del 25 maggio il dato da rilevare è che nessun politico di qualsiasi schieramento ha dichiarato di voler aumentare i deficit. Avete capito benissimo: ci si può indebitare e non tenere in ordine i conti pubblici. L’attuale premier italiano qualche giorno fa ha poi aggiunto che vi è assoluta necessità di riportare la crescita economica, come se il problema non fosse il sistema europeo in sè, ma semplicemente la politica di austerità la quale in realtà non è una politica, bensì una norma. Andiamo però con ordine. Riavvolgiamo il nastro: a partire dal 1971 viene annunciata la non convertibilità del dollaro in oro, questo per generare maggiori commerci, più scambi, pompando il ciclo economico di derivati e di ricchezza creata dal nulla. Ora questo è stato realizzato per salvaguardare da parte del duo Nixon-Kissinger  un’ America in declino e un Occidente che a seguito della decolonizzazione non deteneva più le materie prime in modo diretto e gratis. Il risultato è stato naturalmente una più elevata espansione dei consumi, e al tempo stesso un più ampio margine di manovra per le banche, culminato con il progressivo ripudio del Glass-Steagall Act, la gloriosa legge bancaria del 1933 che servì a combattere la grande depressione del 1929, abrogata appunto dal presidente Clinton.
Continuiamo a riavvolgere il nastro. Nel 1944 con Bretton Woods, tra le due guerre e anche quando vi era ancora l’egemonia britannica  il sistema dei pagamenti aveva un bilanciamento: il circolante era pari alla riserva valutaria. Andiamo ancora un po’ più indietro nel tempo. La moneta non esisteva proprio, al suo posto vi era il baratto vale a dire merci scambiate con altre merci. Infatti le società antiche e precristiane ripudiavano la moneta. Aristotele nella sua Politica aveva perfettamente definito la misura del valore della moneta. Aristotele che sta all’antichità come Keynes alla modernità differenzia l’attività economica da quella crematistica. Cosa vuol dire? La moneta agisce come intermediario per quanto riguarda gli scambi e al tempo stesso ha uno scopo “ speculativo” (il denaro per altro denaro) nella forma di capitale monetario, vale a dire nell’accumulazione monetaria. In pratica già il celebre filosofo greco distingueva il capitale reale dal capitale monetario: se il guadagno non coincide con quello che è l’accumulazione di capitale vale a dire di ricchezza fisica, ma si guadagna attraverso la detenzione di altra moneta l’introito che da esso si ricava viene definito usura
Perché si fa questa distinzione, tra capitale reale e capitale monetario? La risposta è che il primo ha valore di bene o meglio di uso, il secondo ha soltanto un valore di scambio. Il valore che noi diamo all’unità monetaria è funzionale allo scambio ed è anche normale che sia così: miliardi di persone devono scambiare, pagare, commerciare ogni giorno e per semplificarsi la vita usano un’unità di misura: la moneta. Come si è detto passando dal cambio fisso al cambio fluttuante la  valuta acquisisce un valore nominale, a questo punto abbiamo più circolante rispetto a beni reali
Ora sorge però un altro problema: chi mette in circolo questa moneta? (atto di emissione) La risposta è semplice, vale a dire una banca. A questo punto occorre distinguere due momenti fondamentali e non interscambiabili tra loro: l’atto di emissione e l’atto di accettazione. E qui entra in gioco la proprietà della moneta. Le banche prestano soldi e i soldi – nel nostro sistema – vanno agli stati. Ma per prestare qualcosa a qualcuno e chiedere indietro i corrispettivi interessi bisogna essere i proprietari della moneta. Ecco: la banca si appropria di questo valore indotto della moneta nel momento stesso dell’emissione. In teoria però una valuta viene decisa quando viene convenzionalmente accettata non quando viene emessa, vi è quindi un salto temporale tra le due fasi
Torniamo all’inizio. Bisognerebbe alzare i deficit. Perché? Prendiamo una banca qualsiasi. La banca presta dei soldi, per contro alla fine dell’anno chiede un interesse alla persona, all’impresa,  in tempi più recenti anche agli stati e così via. A questo punto sorge spontanea una domanda: se la banca presta dei soldi, ma la massa monetaria rimane quella del prestito dove si va a prendere quell’ eccedenza di soldi i quali servono per pagare l’interesse che la stessa banca ci chiede? A questo punto la banca emette altro circolante con il quale la persona ( l’impresa, lo stato ecc.) estingue il suo interesse, però così facendo la banca genera altri interessi; e si entra in un circolo vizioso poiché il debito generato andrà sempre di pari passo al quantitativo emesso dalla banca. Ne deriva che seguendo questo ragionamento l’atto di emissione è in sé il momento stesso dell’usura perché più la massa monetaria cresce più elevato sarà l’interesse. Massa monetaria che oltretutto con il cambio flessibile perdendo qualsiasi valore intrinseco concede maggiori spazi di manovra a chi la emette. Quindi diventa ancora più importante la fase dell’accettazione della valuta da parte di chi la utilizza
Ora è chiaro perché si può andare in deficit in modo tale da decidere la spesa pubblica e i futuri investimenti: il concetto di debito monetario non esiste. E’ vacuo quanto l’atto di emissione della valuta. Perché siamo noi ad accettare convenzionalmente quella valuta. E dovrebbe essere lo stato- nell’accezione alta del termine- a garantirla. Magari per l’appunto tassando la moneta. In questo modo si salverebbe il mondo da quell’ideologia neo-liberale e da quella storica e pur comprensibile paura tedesca (purtroppo sempre attuale) che vede nell’inflazione e non nei posti di lavoro l’origine di ogni male.

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