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domenica 14 dicembre 2014

Radioattività naturale e tumori il problema del gas radon nell’edilizia


Noto sin dal 1898, grazie agli studi dei coniugi Curie, il Radon è un gas nobile e radioattivo, incolore e inodore generato continuamente dalla crosta terrestre, in particolare da rocce laviche, tufo, pozzolana e alcuni graniti. Ma può essere presente anche in alcune rocce sedimentarie come marmo e marna e nelle falde acquifere. Il radon ha origine dal processo di decadimento dell’Uranio: prima si genera il Radio e quindi, per un ulteriore processo di decadimento, il gas Radon. Si tratta, dunque, di una radioattività di origine naturale che, tuttavia, può avere conseguenze molto dannose per la salute.
 
Alcuni studi, nell'ultimo decennio, hanno dimostrato che l'inalazione di radon ad alte concentrazioni aumenta significativamente il rischio di tumore polmonare. I risultati di questi studi supportano l'opinione che, in alcune regioni europee, il radon può addirittura essere la seconda causa, in ordine di importanza, di cancro ai polmoni. Si stima che solo in Europa il radon sia la causa di morte per oltre 20.000 persone ogni anno, di cui oltre 3.000 in Italia, dove rappresenta appunto la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo da tabacco. Per i fumatori, per altro, i rischi derivanti dall’esposizione al radon sarebbero maggiori, dato che l’effetto combinato di radon e tabacco aumenterebbe le probabilità di insorgenza di un tumore. Il radon che si deposita all’interno dei polmoni continua infatti il suo processo di decadimento, dando luogo ad esempio a particelle di Polonio e danneggiando così le cellule che, in seguito a una prolungata esposizione, potrebbero diminuire le capacità di riparazione dei danni creati.
 
La presenza di Radon è insopprimibile, data la sua origine naturale. In ambiente esterno il livello di presenza si aggira tuttavia intorno ai 10-15 Becquerel al metro cubo. “Il Becquerel è un’unità di misura che indica una disintegrazione al secondo” spiega Giancarlo Torri, esperto di radon dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), “Significa che in quel metro cubo c’è emissione di radiazione.” “Ma in ambiente esterno il radon si disperde facilmente, mentre tende ad accumularsi in ambienti chiusi, data la differenza di pressione tra esterno ed interno. Gli ambienti chiusi sono in sottopressione e di solito più riscaldati: la differenza di temperatura crea una differenza di pressione verso l’interno che provoca l’immissione del radon, attraverso le fessure e i piccoli fori dei locali più vicini al terreno, ad esempio cantine e seminterrati. Ed infatti nel periodo invernale e, soprattutto, di notte o nelle prime ore del mattino, la presenza di Radon è più elevata.
 
A questo si aggiunge che il radon è emesso anche da alcuni materiali da costruzione, il che fa sì che all’interno degli edifici il radon si disperda con difficoltà e raggiunga livelli da monitorare con attenzione, specie in quelle zone d’Italia in cui ce n’è maggiore presenza a causa delle caratteristiche morfologiche e geologiche del terreno. Per esempio zone con forte presenza di rocce laviche o di tufo o con terreno più permeabile che, cioè, lascia diffondersi il radon in superficie. Una prima indagine dell’ISPRA, condotta in collaborazione con l’Istituto Superiore della Sanità e con gli Assessorati Regionali alla Sanità, ha evidenziato che in alcune regioni i livelli sono più alti della media. Il livello medio mondiale è di 40 Becquerel al metro cubo mentre in Italia il livello medio è di 70. In Lazio, però, il livello, confermato anche da analisi più recenti, è di 119 Becquerel al metro cubo, in Campania di 95, in Lombardia di 111 e in Friuli di 99.”  
 
“Le Regioni e le Province Autonome” prosegue Torri, “hanno il compito di individuare zone e attività di lavoro che, in base alle loro caratteristiche e a quelle del territorio, possano dare luogo a alte concentrazioni di radon. Il fine sarebbe quello di fare una mappatura dei territori così da imporre l’obbligo di misurazioni ad altre attività oltre quelle già individuate dalle legge. Solo che queste mappature dovevano avvenire secondo i criteri indicati da un’apposita commissione - che non si è mai insediata!”. Alcune Regioni, però, hanno comunque fatto una ricognizione dei propri territori, ad esempio il Piemonte e, di recente, la Toscana.
 
“Per quanto riguarda le abitazioni”, afferma Torri, “non c’è una previsione espressa, ma in Italia si potrebbe seguire precauzionalmente quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che suggerisce agli Stati l’individuazione di una soglia di guardia compresa tra i 100 e i 300 Becquerel al metro cubo. La Commissione Europea sta anche lavorando a una nuova Direttiva che pare sia orientata in questa prospettiva: far adottare un Piano Radon agli Stati Membri con l’indicazione di un livello di riferimento e di azioni da intraprendere per l’abbattimento dei livelli di radon in tutti gli edifici”. “Per il momento” conclude Torri “si può diminuire la presenza di radon agendo, nei luoghi di lavoro, sugli impianti di ventilazione e, per quelli residenziali, riducendo la differenza di pressione tra esterno e interno. Ad esempio inserendo nel sottosuolo un piccolo pozzetto che, ad una pressione inferiore di quella della casa, attiri su di sé il gas radon, convogliandolo poi all’esterno dell’edificio con un ventilatore”.  
 
Sul sito del Ministero della Salute è disponibile la guida per il cittadino redatta dall’ISPESL, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro, nella quale si auspica un intervento normativo che “dovrebbe avere tra le proprie finalità quella di codificare le soluzioni tecnico-impiantistiche oggi disponibili per la realizzazione di edifici a tenuta di radon, inserendo la prevenzione di questo rischio tra i normali requisiti di abitabilità, sicurezza ed igiene degli edifici e aggiungendo così un’importante tassello alla piena certificabilità delle strutture abitative”.
 
Già, perché, senza le giuste precauzioni, il problema del radon potrebbe influire e interagire negativamente anche con gli interventi per ottenere il risparmio energetico, sia nella progettazione di edifici nuovi che nella ristrutturazione di edifici esistenti. “In presenza di elevate concentrazioni di radon nel terreno – si legge nella Guida del Ministero - è indispensabile tenere conto anche della prevenzione dall’esposizione a questo gas, altrimenti si rischia di risolvere un problema creandone un altro ancora maggiore. Un esempio tipico al riguardo sono i rivestimenti termici delle mura esterne delle case a protezione dalle escursioni di temperatura. Si tratta di un accorgimento validissimo e vantaggioso, ma in alcune situazioni si è notato, in zone quali l’Alto Adige, che proprio attraverso l’isolamento esterno possono verificarsi infiltrazioni di gas radon dal terreno fino ai piani alti. In questo caso il radon che affluisce dal terreno deve essere adeguatamente convogliato all’esterno”. “Si ricorda – prosegue la Guida - che qualsiasi modifica della casa nella parte a contatto con il terreno, una diversa ventilazione, o anche solo variazioni della tenuta degli infissi possono influire sulla concentrazione del radon indoor. Di conseguenza, alla base di ogni progettazione di interventi a scopo estetico, energetico o per altre finalità deve esserci una misura del radon indoor, i risultati della quale devono essere tenuti in considerazione nelle fasi successive.”

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